Ora legale sì, oppure ora legale no? Chissà cosa penserebbero i padri fondatori dell’Unione europea guardando l’allucinante spettacolo di un’Europa finita preda di una guerra di bande, incapace persino di restare unita di fronte al problema veniale delle lancette dell’orologio avanti o indietro.
La storia è quella di un’Europa tradita nelle sue basi fondanti. L’Unione era nata dopo che si erano rimarginate le profonde ferite della seconda guerra mondiale. Città rase al suolo e ricostruite, leggi democratiche che si facevano largo. Si immaginava un’Europa che cresceva per migliorare la qualità della vita degli europei, esattamente come ha detto nel suo discorso di insediamento il presidente del consiglio Giuseppe Conte.
Il contrario esatto di quanto avviene oggi in Europa.
Allora si immaginava un continente europeo che rispettava le diversità nazionali, ma che uniformava le normative ad un dettato unico.
Anzi, le diversità diventavano davvero risorse per offrire all’Europa unita un enorme bagaglio di opportunità distinte.
Poi tutto è cambiato sotto due spinte: l’egemonia degli Stati Uniti, unici vincitori del secondo conflitto mondiale, ben determinati a trarne il dovuto compenso e la prevalenza suicida della finanza sull’economia, per cui lo strumento più importante per fare soldi sono diventati i soldi stessi.
I primi passi dell’Unione europea, quella che allora si chiamava Mec, Mercato comune europeo, si fecero in agricoltura, cercando di equilibrare un’offerta variegata di beni alimentari. C’era la Germania che produceva birra e maiali, la Francia che offriva bovini e formaggi, l’Italia dei pomodori, delle arance e del riso. Insomma, un paradiso terrestre ricco di tutto, senza contare la straordinaria vocazione industriale che caratterizzava, in modo ben distinto, tutte le nazioni europee. Si pensi all’industria meccanica di precisione tedesca, alle auto inglesi, all’industria aerospaziale francese, alla vocazione commerciale olandese, con i grandi porti sull’oceano, alla straordinaria industria manifatturiera italiana.
Ma gli Usa decisero che l’Europa doveva diventare una sorta di brutta copia del loro continente a stelle e strisce. Tanto che basta guardare un filmato di 50 anni fa per scoprire se era girato in Francia, Italia, oppure Germania o Inghilterra, vedendo le diversità dell’abbigliamento della gente per strada. Mentre oggi tutti sono vestiti uguali. Uguali agli americani. Ridevamo vedendo grassoni americani che mai sarebbero potuti salire su un’auto europea, mentre oggi l’obesità è la prima malattia italiana. Anche italiana.
Insomma, dovevamo restituire il favore di averci liberato dal nazifascismo e abbiamo pagato lo scotto, a caro, carissimo prezzo.
Non solo rinunciando alle nostre peculiarità, non solo adottando sempre più la lingua dei vincitori, ma modellando il nostro continente secondo le regole del più devastante capitalismo, dove tutto deve essere fatto nel modo che costi di più, che sprechi di più, che faccia più danni all’ambiente. Perché ogni problema porta dollari.
Poi venne la globalizzazione.
Quando Genova, e non solo Genova, venne invasa dai giovani “No global” la stragrande parte degli italiani si scandalizzarono guardando quei pazzi che spaccavano tutto. Spaccavo tutto perché? E perché fu così dura la repressione, così sanguinaria, fino ad arrivare a far commettere dalle forze dell’ordine il reato di tortura?
Ma poi, dieci anni dopo lo abbiamo capito.
Negli Usa è stata la finanza a salire al potere e ha imposto la globalizzazione dei mercati. Così le fabbriche hanno chiuso nelle nazioni occidentali, Europa soprattutto, e la produzione è andata nei Paesi poveri, che potevano dare una paga da fame a chi lavorava.
Il risultato raggiunto in pochi anni è stato tantissimi disoccupati in Europa, fabbriche trasferite in Asia, poveri sempre più numerosi e ricchi sempre più ricchi, con il rapidissimo sorgere di fortune enormi, che con la prevalenza della finanza sono diventate ancora più grandi e poi più grandi ancora.
Basterebbe pensare alla sorpresa che milioni di italiani hanno avuto scoprendo che i Benetton non fanno magliette e calzoni, ma gestiscono aeroporti, e una intera rete autostradale: paghi il pedaggio al casello e i soldi vanno a Benetton!
L’Europa dei cittadini ha lasciato il posto a un’Europa governata dai finanzieri e dalle banche, quelle che spostano gli immensi capitali che servono al mondo globalizzato.
L’Europa dei cittadini ha subito un effetto evanescenza, si è dissolta, lasciando spazio all’Europa delle multinazionali, che hanno comprato tutti, ma proprio tutti, i grandi mezzi di informazione, giornali, televisioni, radio, trasmettendo identiche trasmissioni “globalizzate” dalle due parti dell’Atlantico, negli Usa come in Italia.
Sono arrivate sul nostro video televisivo spose enormi, quasi sempre di colore, che si prendono a pugni per decidere l’abito per la cerimonia, sono arrivati personaggi nudi che vagano su isole improbabili, venditori di banchi dei pegni che non esistono, camion giganti che viaggiano in Alaska, ma soprattutto sono arrivate informazioni pilotate, fasulle, che raccontano che l’importante sono le azioni, gli investitori, lo spread, mentre avere milioni di disoccupati, università a numero chiuso, ospedali chiusi, culle vuote, è il sistema migliore per consolidare la finanza dello Stato. Balle enormi, ma sorrette da una propaganda a reti unificate.
Poi sono arrivati anche milioni di africani, spinti in Europa dalla necessità delle grandi imprese di tornare ad avere braccia di disperati, proprio come già fatto negli Stati Uniti almeno un paio di secoli prima. E i banchieri privati si sono fatti la loro banca europea, da dove condizionano le sorti di ogni singolo Stato.
Le opinioni dei cittadini europei sono state offuscate, mentre sempre più sono prevalse le opinioni dei finanzieri e dei loro compari. Pensiamo a un drammatico paradosso: l’Europa ha una banca centrale, ma non ha un istituto europeo che si batta per sconfiggere il cancro. Anzi la lotta contro il male che miete milioni di vittime è lasciata a minuscole associazione di volontariato. Questa è l’Europa della gente?
Pensiamo al fatto che la banca centrale sia una sola, che detta le regole a ogni Stato, ma i cittadini di ogni singolo Stato devono affrontare costi diversi per energia, lavoro, casa, trasporti, insomma tutto. E in questo panorama incredibile la parte del leone l’hanno fatta i grandi gruppi dell’economia americana che hanno fatto utili di miliardi di euro in pochi mesi, con regole per le reti internet che hanno trasformato ogni cittadino in un cliente per le multinazionali Usa del web. E riflettiamo bene sul fatto che oggi nessuno si sogna neppure di immaginare un’agricoltura che non sia decisa a tavolino dalle multinazionali della chimica. Milioni di agricoltori trasformati in burattini. Incredibile!
Ma tutto questo a noi sembra normale, totalmente normale, grazie a una propaganda asfissiante che si batte immediatamente contro chiunque esca dal coro.
Esattamente come accade dal governo di Giuseppe Conte, sostenuto da Movimento 5 Stelle e Lega, i due partiti largamente più votati in Italia, che vengono quotidianamente aggrediti da tutti i mezzi di informazione, con in testa le reti televisive di Stato.
L’Europa potrebbe ravvedersi, tornare ad imboccare la strada dell’Europa dei popoli, ma la caratteristica della finanza è quella di andare avanti, fino alle estreme conseguenze.
Fino a quando ci si deve buttare dalla finestra del grattacielo.
E così accade, con il rischio che dalle posizioni ragionevoli di Luigi Di Maio e Matteo Salvini, si possa passare a posizioni ben più radicali se le aspettative della gente continueranno ad essere boicottate dall’Europa della finanza e delle banche. Perché che piaccia o no alla Germania o alla Francia, non potrà accadere che un continente intero, l’Africa, si trasferisca in Italia, e chi si sbraccia sostenendo l’accoglienza a oltranza è il vero nemico di un ravvedimento indispensabile di un’Europa completamente impazzita.
Le strade sono solo due: o togliere il disturbo come ha fatto l’Inghilterra, che è uscita mani e piedi dall’Europa, oppure rendersi conto che non basterà bollare come “populisti” tutti quelli che si occupano dei diritti del loro popolo.
La propaganda dei burattini delle multinazionali non ha salvato neppure Obama.
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