Martedì 28 Marzo 2023

Le donne, la crisi e la violenza dell’ipocrisia

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  • 28 Novembre 2018

Quando si parla del dramma della violenza sulle donne si affronta uno dei temi più preoccupanti degli anni della crisi, ma si entra anche in quel mondo ovattato del “vincere facile”, della retorica a basso prezzo, della banalità che diventa bandiera dei poveri di spirito. 
In questo 25 novembre eletto simbolo della battaglia contro la piaga impressionante dei fatti di violenza contro le donne ne abbiamo sentite di tutti i colori. Insomma nessuno si è fatto sfuggire l’occasione per gettarsi a capofitto in un tema dove finalmente ci si può trovare comodamente tutti in maggioranza. 
Perché chi dice il contrario? Chi si schiera dalla parte di chi esercita violenza su una donna? 
In verità la risposta, per tagliare corto, potrebbe essere quasi tutti.
Perché nei fatti nulla viene fatto per interrompere una drammatica catena che vede la donna vittima di ogni sorta di violenza, al di là di comode panchine rosse, di convegni e spot di industrie in cerca di pubblicità a buon mercato, di colate di ipocrisia da parte di un mondo mai come oggi incapace di prendere decisioni. Si va dalle violenze commesse da mariti o compagni che impongono i loro sentimenti malati a suon di coltellate, a famiglie di stranieri che straziano una figlia perché non abbastanza ligia ai dettami religiosi, da registi a caccia di stelline del cinema da sbattersi, fino a spacciatori che non esitano a fare a pezzi una ragazzina per dimostrare la loro integrazione.
Questo è.
In questo 2018 si è poi aggiunta la campagna elettorale televisiva voluta e firmata da Mara Carfagna, ex ministra berlusconiana e vice presidente della Camera in quota all’opposizione di Forza Italia nell’attuale governo Movimento 5 Stelle – Lega. Con il titolo “Non è normale che sia normale” sono sfilati sul video di quasi tutte le reti televisive i volti di attori e attrici che fingono un ematoma da percosse facendosi un baffo colorato sotto un occhio con un dito. Benemerita la campagna di Mara Carfagna, ex modella senza veli di calendari sexy, che si è accodata alla moda di “vincere facile”, riuscendo a coinvolgere, crediamo, con la massima facilità personaggi che per vivere impiegano la loro faccia per quasi tutti i ruoli, magari con una pistola in pugno o magari fingendo uno stupro davanti alle telecamere. E ovviamente è arrivata la “visibilità” della stampa, con il Corriere della Sera che ha sbattuto in prima pagina la Carfagna.
Le domande sono due però. Ma a cosa serve? Perché tutti sanno che non sia affatto giusto esercitare violenza su chicchessia, ma resta il fatto che succede sempre più spesso. 
La seconda domanda è se si tratta di violenza il fatto che una giovane modella di calendari sexy per fare carriera debba andare a letto con un bavoso anziano amante delle prostitute. Oppure se è violenza il fatto che un vecchio usi la sua opulenza economica per portarsi a letto minorenni. Noi siamo convinti che sia violenza. Eccome. Dunque dato che l’appello dello spot televisivo è quello di denunciare i violenti perché “Non è normale che sia normale” restano da fare molte riflessioni su chi dice cosa. 
Che poi siano degli attori a farsi paladini di comportamenti più rispettosi delle donne viene davvero da ridere, pensando al vero puttanaio che è emerso nelle decine e decine di denunce di violenza da parte di personaggi del mondo dello spettacolo e del cinema, prima negli Stati Uniti e poi in tutto il mondo. E qui ritorna la vecchia storia di pulpiti e prediche inappropriate. 
Ma non è tutto qui, perché in questo panorama di ipocriti a Roma hanno fatto una manifestazione con il trucco, coinvolgendo donne in buona fede che si sono ritrovate al centro di una manifestazione in cui le donne sono state solo usate per un corteo contro il governo Lega – Movimento 5 Stelle. 
Forse dimenticando che i 5 Stelle hanno messo due sindache donna in due città come Roma e Torino. Ma se è evidente la strumentalizzazione politica delle donne per fini politici, ben meno chiarito è invece il ruolo della crisi profonda che l’Italia vive ormai da una dozzina d’anni e contro la quale si batte come un leone il governo di Giuseppe Conte. Perché in troppi episodi di violenza sulle donne resta sullo sfondo la difficoltà da parte delle persone coinvolte di costruirsi una esistenza meno difficile, meno problematica, a causa della cronica mancanza di sicurezza e stabilità, a causa di disparità sociali volute ed esasperate.
Ci sono donne costrette a stare con il loro aguzzino perché impossibilitate ad avere una indipendenza economica, ci sono donne che subiscono la violenza innescata dalla frustrazione di una vita senza prospettive, ci sono donne che devono accettare per sopravvivere le attenzioni morbose di malati di mente con i calzoni.
Questo è spesso il frutto della crisi, quella che l’Italia subisce da troppo tempo a causa di leggi capestro che affamano la gente.
In questa situazione succede anche che la via più rapida per sentirsi dalla parte giusta sia rifugiarsi nell’ipocrisia, fingere di dimenticarsi di essere quello che si è, usare termini ampollosi e inefficaci per mettersi a posto la coscienza. Esattamente quello che troppo di frequente è capitato in questo 25 novembre all’insegna dei luoghi comuni.
Le donne invece hanno bisogno di coraggio, coraggio nel dare loro leggi davvero in grado di difenderle, coraggio nel non mettere come modello di genere gente come è stata Ilona Staller, eletta in parlamento nel 1987, e come è Mara Carfagna, diventata addirittura ministro. Con le profonde differenze tra le due.
Le donne hanno bisogno di punizioni esemplari per i loro aguzzini, condanne rapide e coraggiose per chi usa loro violenza, hanno anche magari bisogno di potersi difendere da sole, per evitare le lungaggini che spesso le hanno condannate.
Avere nella borsetta uno spray urticante e, perché no, una pistola da difesa personale, per una donna che subisce minacce e persecuzioni, a nostro avviso non sarebbe nulla di strano. 
E una pistola nella borsetta è certamente ben più efficace e meno ridicola di spot ipocriti dentro e fuori il video.

Giovanni Rossi © Riproduzione riservata